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venerdì 3 febbraio 2012

Troia di Puglia

Escursione a Troia di Puglia
mercoledì 5 marzo 2008, 1.29.03 | occhidoro



Pascolo presso Troia di Puglia

Era finalmente una bella giornata sabato scorso, così decidemmo di attuare l’escursione a Troia di Puglia già programmata da tempo. Partenza con comodo alle nove,arrivo verso le undici. Lasciata l’autostrada Napoli –Canosa all’uscita di Candela, percorriamo un trattodella Statale per Foggia e poi andiamo, per stradeinterne, fino alla meta.. Lungo questo tratto di strada,in carenza di informazioni stradali e non essendo muniti di Tom Tom, cerchiamo qualcuno che ci dia indicazioni. Ebbene per una ventina di chilometri non incontriamo anima viva: campi di grano a perdita d’occhio e qualche casolare dell’ONC  abbandonato, ma pochi, su un suolo collinare ondeggiante, tutto verde per le tenere piantine di grano, alte  come un prato non ancora tosato. Penso che per chi viene dal napoletano questo senso di solitudine e di pace siano immensamente graditi. Unica nota stridente le pale eoliche che svettano su tutti i punti più alti del paesaggio. Peccato! La cittadina, di 7000 anime, è tutta su un’altura di forma allungata, in leggera salita. La parte più vecchia, con la Cattedrale, è nel punto più alto. La parte nuova è all’inizio, ma non è molto sviluppata, segno che c’è forte emigrazione, magari verso la vicina Foggia. Un’unica strada, normalmente chiusa al traffico, tagliata dalle stradine laterali, la percorre. Poi c’è quella che le gira intorno, percorribile in auto e dalla quale, qualunque sia il versante sul quale ci si affacci, si domina questa natura verdeggiante. La cittadina è a circa 500 metri sul livello del mare e, pure, siamo alle porte di Foggia che invece è in pieno tavoliere. Federico II amava questi luoghi e fece costruire nella vicina Lucera un castello che lo ospitava sovente. All’epoca la natura era diversa e il bosco, prevalente. E da queste parti Federico II si riposava dalle fatiche dell’amministrazione dell’immenso Impero, cacciando col falcone, sport di cui era un maestro.



Cattedrale di Troia, facciata



Lasciamo l’auto lungo la strada panoramica e, dopo pochi passi, ci appare la facciata della Cattedrale che domina una piccola piazza.



Cattedrale di Troia, rosone




Cattedrale di Troia, portale occidentale




Cattedrale di Troia, figure animali





L’impressione è immensa. Le innumerevoli riproduzioni reperibili sul web non rendono minimamente l’incanto del cesello del rosone e di tutti i lavori lapidei presenti in ogni punto della parte alta della facciata. Infatti, a fronte della semplicità della parte bassa con alte arcate cieche sorrette da semicolonne piatte,con capitelli corinzi, nella parte al di sopra del cornicione sorretto da mensole con rappresentazioni di figure umane ed animali, il rosone domina la parte alta, inquadrato da un baldacchino retto da colonnine e tutto lavorato. Due leoni sono ai lati del baldacchino. Ma non è il caso di dilungarsi nella descrizione poiché altri più preparati e competenti del sottoscritto hanno descritto in dettaglio e con professionale precisione questa chiesa riportando anche tutta la complessa simbologia di ogni sua parte.
http://xoomer.alice.it/guidoiam/arte/guidoiam/
http://xoomer.alice.it/guidoiam/arte/guidoiam/rosone.htm
http://www.regione.puglia.it/porpuglia/download/pdf/prassi_2_1_c.pdf
La simbologia è un  tema sempre presente nell’architettura e nelle decorazioni lapidee e musive del periodo romanico. In effetti il vescovo committente esercitava una supervisione attiva e dettava agli artigiani i riferimenti biblici cui ispirarsi. E questo è accaduto di certo ancora con i Michelangelo e i Raffaello, per citare alcuni nomi autorevoli. La chiesa è in pietra locale costituita da roccia sedimentaria bianca, come tutte le alture della Puglia. Ci hanno fatto anche i basoli delle strade, come in tutta la Puglia. Alcune decorazioni contengono inclusioni in pietra verde, come elemento di colore. La pietra che porta gli intagli più fini è marmo. La pietra verde, di cui ignoro la provenienza, ha retto male all’ingiuria del tempo e si è sfaldata. E, pure, qui ancora oggi l’aria è particolarmente pulita e le raffigurazioni marmoree sono rimaste intatte in ogni dettaglio, a differenza di Roma e Milano dove il marmo si è prima solfatato  con l’anidride solforosa sprigionata dagli impianti di riscaldamento a olio combustibile e poi sgretolato, facendo perdere i dettagli di statue e intagli marmorei.


Capitello dell'ambone con figura di saraceno

Esterno laterale, arabeschi



Qua e la ci sono decorazioni di forte influsso arabo a ricordo della presenza all’epoca nella zona di una forte comunità saracena. L’interno è a tre navate di cui la centrale molto larga mentre le navate laterali sono molto strette. Le arcate sono rette da sei più sei colonne di recupero da edifici romani, come tutte le altre colonne presenti sia all’interno che all’esterno
– sono tutte diverse -. Il nostro esperto in simbologie dice che esse rappresentano i dodici Apostoli, come i dodici pilastri di Spira. Qui, in verità c’è una tredicesima colonna, binata con la prima entrando dal fondo a destra, che, secondo il nostro bravo simbolista, rappresenta il Cristo. Ma stavolta la cosa mi sembra forzata perché appare evidente che la tredicesima colonna è un rinforzo ad un probabile cedimento della navata laterale in quel punto. A meno che non risulti che tale colonna è coeva alle altre.


Cattedrale di Troia, 13ma colonna




Cattedrale di Troia, navata






I capitelli invece sono quasi tutti in stile corinzio, come base, ma con raffigurazioni animali ed umane, cariche, queste si di simboli biblici. Sono tutte di fattura notevolissima, con splendidi lavori in traforo.


Ambone, capitello



Ambone, capitello Non tutti i capitelli hanno foglie d’acanto, alcuni, specie quelli dell’ambone, riproducono foglie più strette e appuntite (che forse ho visto nel giardino sotto casa), molto ben marcate a differenza dei capitelli romanici tedeschi che sono dei cubi smussati o lavorati sommariamente. Evidentemente è una questione di scelta del committente, non di imperizia da parte degli artigiani d’Oltralpe.
La decorazione corinzia con il tema delle volute in foglie d’acanto mi ha indotto a riprendere alcune piantine spontanee ai bordi delle strade di campagna vicino a Troia, che forse sono proprio di quell’Acantus mollis o spinosus che ha ispirato i greci. Le piantine sono ancora troppo tenere per vedere l’estremità rigirata I soffitti sono: a capriate in legno sulla navata centrale, a crociera in quelle laterali.
Non credo che il legno sia originale: nessun soffitto in legno si è mantenuto per tutti questi secoli. Di solito la capriata era una struttura che reggeva un soffitto piano a cassettoni, di solito finemente intarsiato e dipinto. Ma in alcune chiese è a vista e dipinto. La capriata è stata utilizzata abbondantemente sin dal periodo paleocristiano per coprire navate troppo larghe per essere rette da semplici travi poste orizzontalmente. Essa consentila copertura di navate molto larghe senza la necessità di contrafforti esterni perché le spinte laterali sono assorbite dal congegno della capriata. Per evitarne la flessione esse furono tirate e sorrette alle travi dello spiovente triangolare con un tirante verticale e con l’aiuto di due altre travi a “V”. Soluzione geniale adottata ovunque, anche nelle immense chiese tedesche, che però si preferì presto “voltare” in muratura anche per evitarne la combustione, con tutte le fiamme libere che si usavano nell’illuminazione e nei riti religiosi. L’ambone in pietra è splendido e ne riporto alcune immagini di capitelli finemente lavorati e con figure anche di saraceni con tanto di baffoni. L’abside all’esterno è bellissima con quattro coppie di colonne sovrapposte, anch'esse di recupero, che reggono archetti.


Abside con colonne sovrapposte

Terminata la visita abbiamo cercato, più prosaicamente, altre perle della cittadina di Troia: i taralli (non buoni come quelli al finocchietto di Canosa) e il Nero di Troia, un vino il cui colore merita questo nome e che devi bere con parsimonia perché, se lo bevi alle dosi solite, ti ubriachi. Al bar vicino alla cattedrale, gestito da due bellissime ragazze locali che si
alternano dietro al banco ci hanno indicato un agriturismo “Pirro” dove comprarlo



Agriturismo Pirro, veduta  con pozzo
Il posto, per gli appassionati di questo tipo di turismo, è l’ideale: una vecchia masseria ristrutturata con appartamenti per complessivi 15 posti letto, tutti a piano terra, che affacciano sullo slargo di accesso con al centro il pozzo e vista a perdita d’occhio sui campi di grano. L’unica opera umana in vista, ma in lontananza, è un’altra masseria abbandonata con cortile per gli animali. Di lato, il vigneto, il recinto con gli animali da cortile, compresi i maiali neri, una varietà particolare. Prendiamo il vino, in boccioni da cinque litri e che troveremo buonissimo e fortissimo, a poco più di un Euro a litro. Chiediamo dell’olio ma è gelato, direi da chimico solidificato nella la botte in acciaio che lo contiene e il prezioso elemento non sgorga dal rubinetto. Peccato! Qui è tutto così genuino e anche l’olio sarà buonissimo. Sarà per un’altra volta. Torniamo a casa per le cinque, stanchi ma contenti per l’evasione dal caos e dalla congestione urbana, dopo un’escursione nel silenzio e nella pace, un’altra dimensione.

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