Ponte a Malta
sabato 19 aprile 2008, 14.24.56 | occhidoro
Ponte a Malta
Pronto, Pronto? E’ l’Agenzia viaggi di Milazzo? Sono un amico dei Lo …., vorrei informazioni su un rientro in aereo da Malta per Roma. Una voce delicata e gentile mi dice che, si è l’Agenzia richiesta, che lei si chiama Egle ed è amica di lunga data dei Lo ….. Mi da le informazioni richieste: il viaggio di ritorno da Malta è stabilito. Egle è un nome antico per me. Non incontro una Egle da quando, oltre 50 anni fa mia madre mi parlava di una sua cara amica d’infanzia in Venosa (Pz), patria di Orazio Flacco, dove era nata e vissuta fino al matrimonio. Un bel salto nel passato! Ho anche una cugina con tale nome, ma non la vedo dallo stesso tempo. Era molto carina, allora. Meglio che non la riveda.
Le partenze
Il viaggio per Malta in occasione del ponte del primo maggio prevede partenza ed arrivo, per noi campani della comitiva, da e per Roma in aereo. I Lo …., partendo da Milazzo, verranno in aereo da Catania.
Le tre coppie campane raggiungono Roma con tre treni diversi, provenienti rispettivamente da Pozzuoli, noi, e da Caserta e Salerno le altre due coppie, e ci ritroviamo alla stazione di Roma termini nell’arco di un quarto d’ora: miracolo delle Ferrovie dello Stato, e corrono verso la navetta per Fiumicino.
All’arrivo all’aeroporto di Malta una limusine è in attesa, noi pensiamo che Nicola Lo …., che è arrivato prima di noi, stavolta ha esagerato, mettendoci a disposizione un’auto così importante. La verità si scopre quando ci accorgiamo che con noi viaggiava il Presidente dell’Isola e, logicamente la limousine attende lui. Ci attende invece un comodo pullmanino che ci porta all’albergo, nella zona più godereccia dell’isola, nel quartiere di Paceville, piena di locali notturni, pub ed anche uno dei tre Casinò dell’isola.
La nuda arenaria.
Fregi di arenaria |
La nuda arenaria.
Già dall’aereo e poi nel tragitto tra l’aeroporto e l’albergo, il panorama presenta una omogenea colorazione giallo-miele che comprende anche le abitazioni. Sapremo subito che l’isola è tutta in arenaria di consistenza varia e che tutta l’edilizia è stata realizzata con tale prezioso materiale, a nudo. L’effetto è di una omogeneità di colore che sulle prime lascia interdetti e di cui, invece, ho apprezzato il fascino quando abbiamo visto edifici di recente costruzione o ristrutturazione, dipinti in bianco o con colori accesi, rompendo l’incanto. Il fascino dell’isola di miele si sta perdendo. Eppure, guardando Valletta, i suoi bastioni, le chiese, gli edifici pubblici e privati, fregi, colonnati, balaustre, tutti rigorosamente in arenaria color miele, si ha l’impressione che la Città sia un tutt’uno con la pietra di cui è composta, e che sia nata per opera di uno scalpellino che non ha fatto altro che togliere alla pietra, che la conteneva (la Città), il materiale superfluo. La stessa impressione che si ricava osservando i Prigioni michelangioleschi, semiestratti dal marmo ad opera dello scalpello del grande Artigiano. Immagino che lo stesso effetto producano i ritrovamenti di Petra, realizzati con analogo procedimento.
Uno studioso con acume ha scritto un libro sull’edilizia in tufo nudo a Napoli, facendo osservare ai distratti che le principali opere edili della Città, il Maschio Angioino, Castel Sant’Elmo, Castel dell’Ovo e ciò che rimane delle mura di cinta della Città sono rigorosamente in tufo giallo napoletano nudo, rinforzato, nelle parti più sollecitate, con piperno, una pietra grigia che si estraeva da una cava nei pressi di Pozzuoli, oggi esaurita. In verità anche gli edifici civili erano in tufo e, siccome i napoletani sono sempre stati un popolo di pigri, reperivano la comoda pietra esattamente sotto l’area dove dovevano costruire. Così ogni edificio ha come contraltare la sua caverna, di dimensioni proporzionali al manufatto. Questo finchè un Viceré, temendo di veder inabissarsi Napoli al primo terremoto serio, ne vietò la pratica.
Il tufo napoletano è più morbido ed irregolare dell’arenaria maltese che quindi a ragione può ed è utilizzata a nudo, anche a causa del clima molto meno piovoso che invece, col tempo, consuma il tufo. La relativa durezza dell’arenaria maltese e la grana fine la rendono adatta anche per lavorazioni fini, quali fregi e capitelli. Il colore all’inizio è bianco panna poi, con la prolungata esposizione alle intemperie, diventa color miele.
Nicola International
Veniamo sistemati all’Hotel Vivaldi e nel pomeriggio ci incontriamo con Rosalba e Nicola, arrivati prima di noi da Milazzo, e accompagnati da una coppia di amici isolani, di cui sono ospiti: Franc e Mary, tonsille oltremare del gettonatissimo otorino Nicola da Milazzo.
Frank ci porta a visitare il vicino complesso dell’Hilton che, quando sarà completo, avrà le dimensioni di un nostro borgo marinaro, su un porticciolo riservato, annessi e connessi. Infatti l’isola, forse con pochi vincoli edificatori, è un gran cantiere. Noi non conosciamo l’attività svolta dal simpatico e molto premuroso nuovo amico, tuttavia osserviamo con soddisfazione che è molto conosciuto e stimato. Di tutto il bel complesso dell’Hilton mi sono rimasti in mente i tavolini del bar immersi in un boschetto di vecchi ulivi: irripetibile.
All’ora di cena scegliamo di cenare ad un ristorante italiano del complesso.
Visita a Valletta
E’ incredibile la conformazione della costa settentrionale di Malta, tutta piena di insenature di varia profondità. Il nostro albergo è tra la baia di San Giorgio e quella di
San Giuliano. Valletta è su un promontorio, in posizione strategica, che guarda e, in epoche belliche controlla, una profonda e vasta insenatura che contiene a sua volta all’incirca otto-nove baie. Un luogo, per il passato, inespugnabile.
La gita è organizzata da Franc, in pullmanino, con la guida, la brava e generosa Maria.
Percorriamo il breve tratto che ci separa da Valletta, lasciamo il mezzo presso un ampio parcheggio ed entriamo in città, dove circolano forse solo i residenti, attraverso la porta. Qui , dove sono gli edifici più antichi ed importanti, il colore è rigorosamente miele. Portali bellissimi, mensole di balconi e cornicioni, tutti rigorosamente in pietra locale. Sorprende la vistosa presenza di bowindows, su moltissime finestre di edifici pubblici e privati. Franc dice che servono per una migliore aerazione degli ambienti. Io penso che gli inglesi ce li hanno messi per nostalgia della loro terra, senza pensarci, e poi si sono accorti che funzionava non solo per aumentare la luce, di cui qui ce n’è in abbondanza, ma anche per migliorare la ventilazione.
I maltesi vanno molto orgogliosi di alcune vicende storiche risalenti all’epoca dei tentativi di invasione mussulmana. E Maria ci racconta come resistettero, grazie alla particolare natura dei luoghi, opportunamente fortificati, al tentativo di sbarco di soverchianti forze nemiche nel 1565 ad opera del grande Solimano.
La fama dell’inespugnabilità dell’isola non doveva essere ignorata dal Nostro, durantela II Guerra mondiale. Infatti dicono che l’errore che determinò la svolta della guerra fu la mancata conquista di Malta, col che si lasciò il Mediterraneo in mano al nemico e si perdette l’Africa, e fu l’inizio della catastrofe.
Fortezza difensiva al centro della baia |
La fama dell’inespugnabilità dell’isola non doveva essere ignorata dal Nostro, durante
Malta centro del Mediterraneo |
Una veduta mozzafiato
Maria ci porta agli Upper Barracca Gardens, giardini con un belvedere che domina tutto lo straordinario gioco delle insenature che madre natura ha regalato a questa parte dell’isola, in particolare le cinque dita. Si domina il complesso delle fortificazioni, le cupole rosse delle chiese, di forma tipica, spesso unica macchia di colore che spicca qua e la, come ciliegine, sull’edilizia giallo miele.
Le varie insenature ospitano, ai pontili di attracco, splendidi yachts di cui tutti i fortunati isolani sono proprietari. Nicola da Milazzo mi esterna, in segreto, la tentazione di cambiar barca, acquistando qui un buon usato a prezzi particolarmente vantaggiosi. Un altr’anno la gita al capo di Milazzo la faremo in yacht!
Il Caravaggio
Quando si tratta di opere d’arte, anche in capo al mondo, alla fine, al clou dell’itinerario culturale, ci trovi un’opera di un artista italiano. Visitiamo la co-Cattedrale di San Giovanni, protettore dei Cavalieri dell’Ordine di Malta. Maria ci mostra il pavimento della chiesa fatto con lastre tombali di Cavalieri eccellenti, ci conduce al museo dove ci mostra una splendida collezione di arazzi di Rubens ed infine ci porta alla vista del San Giovanni Decollato, credo l’ultima opera del Caravaggio che, poco dopo, nello sbarco sulla costa laziale, di ritorno in terraferma, fu trovato morto sulla spiaggia.
L’opera è nel suo stile, con personaggi di estrazione popolare, scena che coglie l’attimo di massima tensione drammatica dell’evento da rappresentare, luce focalizzata sui personaggi più importanti, nessun sentimento di pietà o di cattiveria nell’espressione del carnefice, normale routine per lui. Maria racconta del trafugamento del celebre quadro, avvenuto tempo fa, e della giustificazione ai turisti, arrivati qui per vederlo: “è in restauro”. Si torna all’albergo ed il gruppo Marisa, Marilena, Enzo, Sabino fanno
colazione, che diventerà un’abitudine, a base di una bella e ricca insalata, in un ristorantino italiano nei dintorni.
Al pomeriggio, con il pullmanino e senza Maria, degnamente sostituita dalla simpaticissima coppia Mary e Franc, escursione a una splendida baia, di cui non ricordo il nome, sul lato orientale dell’isola, e porto di pescatori con bei giochi di luci e riflessi delle variopinte barche sul mare tranquillo. Come al porticciolo di Pozzuoli. Sosta d’obbligo da un antiquario. Rosalba trova una vetrinetta molto carina in stile non so cosa, per quella parete vuota di quella stanza dell’appartamento di Marilisa, sua figlia, che andrà a vivere a Milano. Si prendono le misure, si fotografa l’esemplare. Antonio, il casertano, con la passione per l’antiquariato, si aggira incantato per le immense sale, come Alice nel Paese delle Meraviglie, esplorandone tutti i meandri, le cornici, i cassettoni delle varie epoche ecc., in cerca di qualcosa da esporre alla prossima fiera antiquaria che lui ed i suoi amici di Caserta organizzano periodicamente, nel cortile condominiale. Un po’ come fanno i bambini delle medie, a fine anno scolastico, quando si disfano di penne, gomme, figurine, bambolotti e quant’altro, esponendoli su un banchetto improvvisato all’angolo della strada di casa , scambiandoli con altre penne, figurine, gomme, bambolotti di altri bambini. Ma, per Antonio, tutto più in grande e col permesso del Sindaco.
Si visita anche un vivaista, con grande aspettativa di novità da parte di Marisa e la rassegnata previsione di Sabino di tornare a casa con un esemplare tenerissimo di pianta esotica destinato, nel nostro giardino di Ischia , a crescere mostruosamente fino a far giungere i propri rami ad accarezzargli la pianta dei piedi, mentre dorme. E’ già accaduto con una splendida Gaggia di Costantinopoli, che ho dovuto abbattere, i cui graziosi pennacchi rosa sfumato mi accarezzavano il viso quando mi affacciavo alla finestra della camera da letto e promettevano di peggio per l’anno successivo. Per fortuna nulla di esotico, nulla di diverso dai vivai di Ischia : sono salvo.
Bowindows |
Ritorno a Valletta, giro dei bastioni e sosta al Casinò per i più. Sabino e Marisa si godono uno splendido tramonto a fior d’acqua con i mille cambiamenti di colori riflessi dalle case e dal sole sull’acqua calma.
Cena di gran classe al Rafael di San Giuliano, sulla omonima baia. Si ordinano spaghetti con sarde e mandorle e poi pesce. Tutti concordano sull’eccellenza della scelta di Franc. Tra l’altro il posto è molto suggestivo e romantico. Da consigliare.
Di ritorno dal ristorante, stanchi ma felici per la intensa giornata, Marilena ci parla dei pericoli delle onde elettromagnetiche che si sprigionano non solo dalla sveglia sul comodino, cosa risaputa, ma addirittura dalla stessa rete elettrica. Adesso immaginate questo argomento tirato fuori a gente che normalmente nella vita fa il sedentario e che una volta all’anno si strapazza per tutta una giornata. E quando già pregusta la morbidezza del guanciale, ecco le onde elettromagnetiche aggredirti mentre poni le stanche membra sul morbido materasso. E, se ricordo bene, il loro effetto si intensifica con il movimento ondulatorio. Marilena, stanotte, a cuccia, buona buona e non sfrocoliare le benedette onde.
Mdina, la città del silenzio
L’indomani gita nell’interno, in visita all’antica capitale al centro dell’isola. Sulla strada ritroviamo Maria che ci farà da guida anche in questa escursione. Il paesaggio dell’interno è brullo e poco interessante.
Si visita Mosta con la bella chiesa, miracolosamente scampata alla distruzione perché una bomba di grosse dimensioni bucò la enorme cupola, e se ne vedono i segni, e cadde senza esplodere. Loro gridano al miracolo. Noi, che di questi miracoli ne
abbiamo avuti molti, stiamo ancora recuperando in tutt’Italia bombe inesplose, specie nei punti caldi del conflitto.
Giungiamo a Mdina, antica capitale, cinta di mura ma protetta naturalmente perché edificata su un altopiano che domina a perdita d’occhio la piana sottostante. Attraverso un ponte levatoio entriamo nella città. La prima impressione è di entrare in uno dei tanti borghi medioevali del centro Italia, ma poi si percepisce un silenzio quasi irreale, rotto solo dalla presenza discreta dei turisti visitatori, non molti, in verità. La Città presenta gli stessi colori, sulle variazioni del miele, già notati a Valletta, ma qui non vi sono state ristrutturazioni modernizzanti e l’omogeneità è totale. Tutto il complesso edilizio è molto antico (l’edificio di fronte alla chiesa mi pare sia del ‘200, veneziano, bellissimo). Pare che le abitazioni siano quasi tutte nobiliari ed abitate, però, da anziani che non hanno voluto lasciare la loro dimora. Il silenzio attribuito alla città, e che si può percepire specie di sera, è dovuto alla assenza di giovani ed alla mancanza di attrattori turistici. La città si visita e si va via. Per l’integrità del tessuto urbano, per la bellezza degli edifici, il cui stile va dal veneziano dell’epoca dei Dogi al barocco, la città, forse già tutelata, merita un piano di restauro e di valorizzazione turistica più articolata.
Giro in torpedone.
Dopo la solita insalata al pub presso l’albergo e il riposino pomeridiano, noi campani decidiamo di tuffarci nella realtà dell’isola, non filtrata dal chiuso del pullmini
Torpedone |
Enzo ed Antonio decidono che si va in centro con l’autobus di linea. La fermata è vicina. Ci si munisce di biglietti e via come il vento verso Valletta. Ci porta un torpedone anni ’50, il cui stato all’interno è riassunto magistralmente da un giovane bullo italiano che è salito in compagnia di una avvenente bionda, con un aderente top di pizzo nero, con più vuoti che pieni (per Marilena secca come un’alice, per me uno schianto di donna). Il bullo si guarda intorno ed esclama “che comfort ragazzi!”. Si accomodano in fondo dove, qualche fermata più avanti, sono raggiunti da donne mussulmane coperte totalmente dai loro vestiti castigati e castiganti. Che differenza, questa è la globalizzazione? Non direi, anche se non sapremo quello che è passato nella testa di quelle ragazze, l’italiana e le mussulmane, incontrandosi, ritengo che i due mondi, quello emancipato e quello, per noi, antidiluviano, siano rimasti totalmente separati. In effetti la
storia ci insegna che le invasioni di etnie diverse, spesso avvenute alla spicciolata, con gente di altra origine che ti ritrovi tra i piedi a lavarti i vetri delle bighe o delle macchine, e che ad un tratto, sentendosi una forza, e trovando un capo bellicoso, scalzano il sistema con il quale non si sono mai integrati. Buona parte delle cosiddette invasioni barbariche hanno avuto tali sequenze.
Malta mi è sembrato stia resistendo all’invasione delle etnie mussulmane meglio di noi, ma un po’ meno che nel glorioso passato.
Riassumerò le caratteristiche strutturali del nostro simpatico torpedone con due sue peculiarità: il cambio lungo un metro e il segnale di richiesta di fermata, da Guiness dei primati: un lungo filo che corre lungo tutto il soffitto del mezzo, collegato ad un campanello. Basta tirare da qualunque parte ed il campanello suona. In compenso si percorre tutta la costa che ci separa da Valletta e che ci mostra squarci veramente indimenticabili di uno dei più begli angoli dell’isola, specie al ritorno, con le luci del tramonto.
A Valletta passeggiata generale per le vie del centro. Franc e Mary ci portano cannoli di Malta, migliori, secondo loro, di quelli siciliani, e dolci a ciambella, riempiti di pasta di miele, caratteristici del posto. Si ammirano le strutture edilizie pubbliche e private molto elaborate, con portali e portoni molto ricchi, tutti ricavati nella famosa pietra color miele. I balconi con i bowindows.
Come detto noi campani torniamo in torpedone, dopo aver salutato i Lo …. e i simpatici Franc e Mary. Ceniamo in un ristorantino nei pressi dell’albergo, gestito da un siciliano. L’apparenza è modesta ma la cena a base di datteri di mare, da noi proibiti, squisita. Al dolce si assaggiano i cannoli, omaggio degli amici del luogo, e ne nasce un acceso dibattito sulle differenze tra il cannolo del luogo e quello siciliano. La vittoria, scontata, va a quello della terra che lo ha visto nascere e diventare famoso.
A nanna e, all’indomani, corsa all’aeroporto e volo per Roma. In fase di decollo si sorvola la costa meridionale che, a differenza di quella nord, visitata ed ammirata, è un muro di circa 50 metri a picco sul mare, senza ripari o spiagge, assolutamente inospitale.
La brevità della vacanza non ci ha consentito di visitare l’isola di Gozo e la laguna che la separa da Malta. E’ l’occasione per l’appuntamento ad un’altra scappata a Malta a trovare gli ospitalissimi Franc e Mary, a rivedere la Malta antica prima che l’invasione di cemento in atto la uniformi ad una qualunque costa cementificata del Mediterraneo, e cambiare la mia barca con quella che Franc non vorrà più tenere.
Ciao Franc, ciao Mary, ciao Malta.
A Roma Luisa ed Antonio si separano, prendendo un treno che transita per Aversa. I puteolani ed i salernitani viaggiano sullo stesso treno. Si mangia quello che si trova e si degusta finalmente un caffè italiano dopo giorni. Ma la schifezza che ci servono in treno non ci fa rimpiangere la privazione subita nei giorni trascorsi in quell'isola.
Ponte del 25 aprile 2002 Marisa e Sabino
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